Nel 1967 una mareggiata mise in luce il relitto, nella parte nord dell’Isola d’Elba nel Golfo di Procchio (La Guardiola), i resti di una piccola nave oneraria romana in buono stato di conservazione. La presenza del relitto era da tempo nota agli abitanti della zona che ne recuperavano i pani di zolfo per le vigne.
A pochi metri di profondità, (attualmente non visibile perché ricoperta di sabbia) su un fondale sabbioso in prossimità di Campo all’Aia, Gino Brambilla operò i primi recuperi seguiti da una campagna di ricognizione subacquea coordinata dalla Soprintendenza. Nella ricognizione del 1969 fu rilevato uno scafo eccezionalmente conservato per una lunghezza dí circa 16 metri. La nave, che integra doveva misurare una ventina di metri, era probabilmente un’imbarcazione da trasporto costiero di piccolo cabotaggio, con un unico albero su cui issare una vela quadra. Mattoni con tracce di combustione furono rinvenuti sul ponte, nel luogo dove sì accendeva il fuoco per soddisfare le esigenze di bordo. Coppi e tegole fissati con chiodi di rame, erano forse destinati a coprire la cabina di poppa. Lo scafo era rivestito con lastre dì piombo fin sopra il galleggiamento a massimo carico; il rivestimento doveva proteggere il fasciame dalle teredini (molluschi marini che rodono il Legno sommerso) e con 1I suo peso contribuiva alla stabiliti. La tecnica costruttiva era del tipo a”scafo portante” con le tavole del fasciame tenute insieme da linguette dì legno dolce, unite da pioli e fissate alle ordinate con grossi chiodi di rame e numerose caviglie di legno duro. Il relitto, attualmente orientato con la prua verso nord, fu forse sorpreso da un fortunale ed affondò nella rada di Procchio insieme al suo carico tra il 130 e il 200 d.C.
LA DOTAZIONE DI BORDO
Tra i reperti da attribuire alla dotazione della nave, lo scafo ha restituito un’ olletta ancora sigillata che ha conservato il suo contenuto di olive e una situla di rame con notevoli tracce d’uso. Accanto al fianco destro dello scafo furono rinvenute tre lucerne di cui una, di produzione africana, reca il bollo IUNI ALEXI. Numerosi frammenti di ceramica d’uso comune da mensa e da cucina insieme ad alcuni mortai a macinello completavano il corredo di bordo, per soddisfare le esigenze quotidiane dell’equipaggio. Sul fondo della stiva, sotto alla situla in rame, forse usata per la calafatura, furono rinvenuti i resti scheletrici di un piccolo cane e di un grosso ratto. Al momento del ritrovamento fu recuperata sul fondale sabbioso, una gomena arrotolata in buono stato di conservazione. Pesanti e grossi ciottoli in granito vennero forse utilizzati come zavorra, allo scopo di distribuire il peso della nave. L’uso delle zavorre si rendeva necessario per bilanciare il peso del carico. L’imperizia nelle operazioni di stivaggio era causa non infrequente di naufragi anche nelle acque protette dei porti.